Come risalire dopo un’abbuffata

È più forte di me

Tutti sappiamo cos’è un’abbuffata, per noia, fame o nervosismo, si tratta di un’automatica reazione umana, soprattutto dopo le restrizioni assurde. Stare qui a spiegarla nei dettagli non aiuta, abbiamo già fatto dirette, ho scritto articoli e post. Nonostante ciò la risposta è sempre la stessa “É più forte di me”. Quante volte vi siete ripetute questa frase? Il rischio di un’abbuffata è di sentirsi in colpa, ansiosi, depressi e con poca autostima. Ti do una grande notizia non sei sola. Invece di punirti, sappi che ci sono diversi modi per gestire le conseguenze di un’abbuffata di cibo, che ti permetteranno di riconoscere e prevenirne altre in futuro.

Accogliere, accettare, ascoltare l’errore

Quante volte ho ascoltato o pronunciato la citazione “Sbagliare è umano, perseverare è diabolico”, ho deciso d’apportare una modifica “Sbagliare è umano…perdonarsi è necessario”, vi piace?

A chi di noi è capitato di sbagliare? Ognuno di noi nella vita di tutti i giorni può commettere degli errori nel lavoro, nel proprio rapporto di coppia, con i propri figli, con gli amici, e nel caso che ci riguarda, verso noi stesse. L’errore fa parte del nostro essere umani. Pretendere di non sbagliare, ci espone ad un sicuro fallimento perché tutti gli  esseri umani commettono errori: è possibile, è naturale e umano. Non possiamo pensare di trascorrere la nostra esistenza senza commettere un solo sbaglio: significherebbe non accettare i nostri limiti e la nostra umana imperfezione, ma ciò sembra “più facile a dirsi che a farsi.” Mi sono chiesta quindi “Perché allora temiamo così tanto l’errore? Ci sono errori che facciamo senza passare il resto della vita a sentirci in colpa per averli commessi e altri che, invece, pesano su di noi come macigni e da cui sembra impossibile liberarci. Si può comprendere, quindi, come il modo di percepire e d’interpretare il tipo di errore commesso influenzi inevitabilmente il modo in cui sentiamo e viviamo l’errore stesso, pregiudicando anche una giornata. L’errore è errore in ogni caso, ma quando percepiamo i nostri sbagli dandogli una connotazione estremamente negativa, tendiamo a giudicarli come parte del nostro essere, attribuendogli un significato profondo di insuccesso, incompetenza, inadeguatezza, vivendo così il nostro sbaglio come fallimento personale. Quando questo succede, commettere un errore ci porta a inevitabilmente a sentirci persone sbagliate. Spesso è la nostra esperienza passata a trarci in inganno, facendoci pensare che ogni nostro errore ci porterà davanti alla “corte marziale”, davanti a chi ci giudicherà inadatti, sbagliati (primi fra tutti noi stessi). Succede che a volte, sin da piccoli, impariamo a dare ai nostri errori una valenza negativa esclusivamente associabile alla parola fallimento: veniamo rimproverati quando sbagliamo, veniamo puniti, ma le volte in cui veniamo, invece, incoraggiati a fare, a sperimentare, a osare, si possono davvero contare sulle dita di una mano. È anche vero che proprio attraverso i propri errori, infatti, che possiamo comprendere il nostro vissuto e trarne degli insegnamenti di vita e conoscenza sempre più autentica di noi stessi. Bisogna, quindi, poter imparare dai propri errori; nel mio caso però era diventata una scusa, consideravo questa abilità tutt’altro che scontata, troppo complessa da imparare, non alla mia portata, che non c’era niente da imparare dal continuare ad abbuffarmi e vomitare, da piangermi poi addosso e dare la colpa chissà a chi o cosa, lontano evento del mio passato. Ad un certo punto durante il mio percorso di crescita personale per liberarmi dall’ossessione del cibo, dopo anni di psicoterapia, che mi avevano si aiutata a capire il ”PERCHÈ”, mi sono affidata ai dei coach esperti, che mi hanno aiutata a capire il “COME”, in quel periodo c’è stata la svolta.

Sei curiosa di sapere quale? Ti accontento, ho cambiato le domande che mi facevo, ho cambiato gli occhiali, ed invece di cercare un colpevole ho iniziato ad usare gli strumenti che i miei coach mi hanno trasmesso, e che io a mia volta trasmetto alle donne che si affidano a me. La domanda chiave è stata: Perché ti obblighi ad accettarti per forza? Certo, vero, devo accettarmi e se un gelato mi va devo pure mangiarlo senza poi cadere in un’abbuffata. Questo si sa, sono le basi…direbbe una persona senza un disturbo alimentare o comunque senza condizionamenti ed ossessioni nei riguardi del cibo. Ma siamo pronti ad ACCETTARE quel gelato, quella torta, o quella qualsiasi altra cosa? O lo facciamo solo per OBBLIGARCI ad essere “normali”? E cos’è la normalità? E perché prima di obbligarci ad accettare noi stessi, non proviamo ad accettare che oggi, qui e ora, abbiamo un problema e che le cose vanno fatte in maniera graduale? Per mia esperienza posso GARANTIRE di aver avuto le peggiori ricadute dopo periodi in cui cercavo di “dimenticare” il mio DCA. Senza però “curarlo”. Facendo finta non esistesse più. Eh no, non funziona così, almeno non con me. Perché? Perché tendiamo a fare il passo più lungo della gamba. Non si può vivere con un DCA per anni e una sera decidere che stop, finito, non esiste più il problema. Io non sono portatrice del giudizio universale, quello che va bene per me può non andare bene per qualcun altro e viceversa, però sono dell’idea che il troppo storpia. Sempre.

Accettare o rinnegare?

Accettare di avere un DCA è molto vasto come concetto: non intendo dire che accettarlo sia semplicemente un ammettere a sé stessi di avere un problema, intendo proprio accettare anche tutte le conseguenze e vicissitudini del caso. Come per esempio un’abbuffata, se la eliminiamo tramite il vomito, la stiamo rinnegando. Rinnegando l’abbuffata, che è evidentemente un riflesso del DCA, è come rifiutare di avere il DCA stesso.
Stiamo rifiutando la nostra condizione e noi stessi in quel momento.
A cosa è servito fare le persone senza nessun disturbo per un’ora quando poi abbiamo passato l’intera serata a ingoiare le peggiori cose perché “tanto ormai” per poi andare dirette al bagno? O per poi saltare i due pasti successivi?
A NIENTE.
Anzi! È servito a fortificare il DCA.
A nient’altro.

Rimediare o prevenire?

Io personalmente sono per il prevenirle, ma importante è anche sapere come rimediare, quindi ti mostrerò le mie strategie del prima e del dopo, io li chiamo “Gli strumenti della mia cassetta”.

Il PRIMA: i 5 punti.

  • Mangia abbastanza durante i pasti. Mangiare poco “prepara il terreno” per eccedere col cibo. Inizia a pensare che la causa della tua mancanza di costanza risiede nel digiuno. Mangia con più regolarità durante i pasti per evitare le abbuffate compulsive.
  • Esplora cosa sta realmente accadendo. Se avverti il desiderio di mangiare prova a chiederti: a cosa mi serve, in questo momento, mangiare? È a causa dello stress, della solitudine, della noia? Individuare il bisogno sottinteso può aiutarti a interrompere l’impulso di abbuffarti a ricercare modalità alternative per soddisfarlo (fare una passeggiata, leggere un libro, chiamare un amico).
  • Inserisci il piacere nelle tue giornate. Mangiare, lo sappiamo tutti, è uno dei piaceri della vita. Ma se provi a riflettere un attimo, puoi imparare ad inserire altri piaceri nel corso della tua giornata. Presto ti renderai conto che esistono diversi modi per rendere piacevoli le tue giornate.
  • Sradica le routine pericolose. Tutti noi col passare del tempo ci costruiamo una routine rispetto ai pasti e al modo in cui li consumiamo. Se il problema delle abbuffate risiede anche in questo…prova a stravolgere la tua routine. Ad esempio, se sei abituato a mangiare davanti al pc o alla tv, inizia a prendere l’abitudine di interrompere qualsiasi attività tu stia facendo, per dedicarti a consumare tranquillamente il pasto. Apparecchiati sempre, con una tovaglietta colorata, la mia è rossa, fai in modo che ci siano dei fiori sul tavolo, e se consumi i pasti fuori casa segui la regola del piatto unico, inteso anche come un panino, il colore ci dev’essere sempre, il mondo è più bello a colori.

  • Trova un gruppo di supporto. L’alimentazione compulsiva, come qualsiasi altro disturbo alimentare, ha le sue radici nelle emozioni dolorose intense. Quando cominci a cambiare le abitudini alimentari, quelle emozioni vengono a galla e inizialmente possono creare parecchia confusione mentale. Per affrontare il problema dovresti trovare delle persone che possano sostenerti e aiutarti nei tuoi sforzi per gestire questi stati d’animo. Tra queste persone puoi prevedere il medico, uno specialista della nutrizione, un consulente psicologico, un coach, cercalo esperto nei DCA, in questo caso sono a tua disposizione, persone a te care che t’incoraggino nel raggiungimento dei tuoi obiettivi, un gruppo di sostegno costituito da persone che vivono i tuoi stessi problemi, il gruppo “Saziare la Bulimia” è il posto giusto, mandami la richiesta e valuteremo insieme.

Ricordate che per riuscire a seguire questi semplici consigli e fermare le abbuffate compulsive, è necessaria molta pratica. Solo con la costanza, possiamo trasformare questi suggerimenti in sane e spontanee abitudini.

Il DOPO: i 13 punti.

  • Perdona te stesso. Se ti rendi conto di aver mangiato in modo compulsivo, non essere duro con te stesso. Perdonati e riconosci che probabilmente c’è qualche problema di carattere emotivo nella tua vita che devi affrontare che ti sta spingendo a mangiare in maniera compulsiva. Per perdonarti, metti in pratica questi suggerimenti:

– Ammetti ciò che hai fatto (in questo caso si tratta di un’abbuffata);
– Accetta il fatto di aver compiuto questo gesto e che ormai fa parte del passato;
– Rifletti su chi hai ferito (in questo caso, te stesso);
– Vai avanti. Lascia andare il tuo senso di colpa e cerca di imparare da questa esperienza.

  • Fatti delle domande, io mi metto davvero in ascolto senza rumori intorno, quelli di fondo già fanno un gran frastuono, mi metto in osservazione e mi pongo delle domande notando se ci sia uno schema ricorrente di cui tenere conto, un significato o un insegnamento di cui fare tesoro, aspetti di me stessa che fino a quel momento non ho o non ho voluto notare.
  • Fai una passeggiata. Una delle azioni immediate che puoi compiere per affrontare la cosa, una volta resoti conto che ti sei abbuffato, è quella di cambiare l’ambiente circostante. Questo gesto ti porterà fuori dallo spazio fisico in cui è avvenuta l’azione compulsiva. Puoi fare la passeggiata da solo o con un amico. Camminare all’aria aperta, soprattutto in compagnia, può migliorare l’umore e la serenità mentale. Camminare dopo i pasti inoltre aiuta il processo digestivo dell’organismo e l’elaborazione delle sostanze nutritive presenti nel cibo.
  • Rivolgiti a un amico fidato o a un familiare. Parlare con qualcuno ti aiuterà ad allontanarti dall’abbuffata e ti darà la possibilità di sfogarti. Un amico sincero o un familiare che conosce il tuo problema di alimentazione compulsiva può aiutarti a superare questo momento difficile. Se chiami un amico al cellulare, cerca di passeggiare all’aria aperta durante la telefonata.
  • Mindfulness aiuta a rilassarti con la respirazione profonda. Siediti su una sedia comoda con i piedi ben appoggiati sul pavimento e chiudi gli occhi. Comincia a fare lunghi respiri profondi, inspirando mentre conti fino a 5 ed espira contando ancora fino a 5. Esercizio con il quale partiamo nelle sedute di coaching one to one, e chi ha fatto anche quelle ricevute dalla scorsa sfida, potrebbe confermare il risultato.
  • Bevi acqua o tè alla menta. Lo stomaco probabilmente è piuttosto sofferente dopo una grande scorpacciata, quindi è una buona idea calmarlo bevendo acqua o tè alla menta. La menta è conosciuta e usata per facilitare la digestione, oltre che per lenire altri disturbi.
  • Evita di voler compensare il tuo gesto. Non ricorrere al vomito, non pensare di saltare i pasti o di contare le calorie nel tentativo di riparare all’abbuffata. Dovrai invece riprendere a mangiare un pasto sano la prossima volta che avrai ancora fame.
  • Aspetta finché avrai ancora fame prima di mangiare nuovamente. Anche se sarebbe ora di pranzo, non mangiare finché non proverai nuovamente fame. Il corpo sta elaborando il cibo ingerito durante l’abbuffata, quindi devi darti un pò di tempo per digerire. Quando tornerai a mangiare, cerca di concentrarti sulle proteine, come un uovo o del pollo. Le proteine, infatti, ti fanno sentire sazio per un periodo di tempo più lungo.
  • Garantisciti una buona notte di sonno. Riuscire a riposare permette al corpo di recuperare e potrai così iniziare a sentirti meglio. Inoltre, è un’ottima occasione per ricominciare e affrontare una nuova giornata/pomeriggio/sera. Se non dormi a sufficienza, rischi di provare ancora fame e sentire il bisogno di alimenti ad alto contenuto di grassi o di carboidrati, che contribuiscono ad altre mangiate compulsive.
  • Continua a fare ciò che ami! Fondamentale, secondo me. Fare ciò che ami non solo di distrae dai pensieri e ti allontana dalle abbuffate, ma ti fa sentire anche bene e in pace con te stesso!
  • Sii paziente con te stesso. Possono essere necessari anche 3 giorni prima di riuscire a riprendersi da un’abbuffata di cibo, quindi datti tutto il tempo necessario per sentirti meglio. Devi essere paziente e gentile con te stesso.

La risposta è semplice ed ha a che vedere con l’Amore che accordiamo o, più spesso, non accordiamo a noi stessi e quindi con il Giudizio dietro al quale si celano la paura di non essere accettati, l’insicurezza di confrontarsi con contesti e situazioni nuove o l’incapacità di nutrire fiducia in sé stessi, negli altri e nella potenza della vita. È così che un malinteso con un amico, un’incomprensione sul posto di lavoro, un errore di valutazione diventano pretesti per mettere in discussione il proprio valore e minare la propria autostima. E per questo motivo che sia nel videocorso che sto preparando, che nel percorso che facciamo io e le donne che scelgono di affidarsi e fidarsi prima di loro stesse e poi di me, gli obbiettivi sono far fiorire l’autostima e il dar valore alla propria unicità ed autenticità.

QUANTO SEI CAPACE DI SBAGLIARE?

Fatti responsabile

Spesso un errore o un fallimento altro non sono che dei risultati mancati al primo tentativo…datti tempo e magari al secondo funziona! Oppure sono delle azioni che in altri contesti hanno dato ottimi risultati…collaudale con pazienza e vedrai che andrà alla meglio! La chiave di ogni successo è vedere un progresso in ogni caduta, una pietra può sembrare un ostacolo ma si potrebbe anche costruire una scala oppure un’intera città con i Sassi di Matera, siamo noi che quando ci facciamo responsabili allora riusciamo a vedere la prospettiva. C’è quello che nella pietra non vede niente anzi non vede neanche la pietra e camminando urta la pietra si ferisce ed inizia ad imprecare contro tutte le pietre del mondo che sono cattive e si mettono apposta sul cammino delle persone perbene perché di questo parliamo esattamente, come quelle persone che chiedono di entrare nel gruppo, ed io dopo un’attenta valutazione, mi rendo conto della mancata motivazione, gli rispondo che la mia risposta è negativa, io sono quella che se la tira. Quindi ritornando alla pietra, sei lì in un posto con tante pietre, a questo punto le persone dicono “io voglio restare a casa, voglio andare al mare, in America”, inciampi, ma tu abiti in un posto di pietre. Tante persone pronte alla pappa pronta alla vita facile, che vogliono schiacciare reset come al videogioco quando il gioco si fa duro. Così si pensa che nella vita continuando ad abbuffarti è come se t’inceppassi nel video gioco.

Cosa potrebbe essere per me la pietra?

Potrebbe essere uno strumento salendoci sopra per alzarmi, se metto più pietre di grandezza opportuna potrei fare una scala o potrei fare un’intera città. Appunto Matera.

Questo dipende da te, dalla tua intenzione, dalla tua lungimiranza, dalla tua capacità di capire cosa succede. Io credo, anzi so, che la strada del “successo”, inteso come il raggiungimento di un obiettivo, è inesorabilmente lastricata di sbagli, cantonate, addirittura fallimenti. È fisiologico e questo la rende preziosa, personale e irripetibile. Come so anche che solo chi è impantanato nell’immobilismo può evitare di commettere errori. Se sbagliare è umano, perdonarsi è necessario…solo se riusciamo a perdonarci la nostra umanità e la nostra imperfezione, riusciremo ad avere il coraggio di agire e di attuare cambiamenti nella nostra vita quando ci saranno delle situazioni che non ci soddisfano più. Solo perdonando a noi stessi i nostri errori saremo in grado di relazionarci agli altri in modo amorevole e senza giudizio, costruendo relazioni sane e alla pari. Solamente accettando il rischio di sbagliare riusciremo a fare delle scelte, muovendoci verso l’ignoto piuttosto che rimanere imprigionati in realtà che sono lontane da noi. Il coraggio non è mancanza di paura, ma è una scelta…quella di guardare negli occhi quella paura per attraversarla.Chi non osa, chi non attraversa, non sbaglierà mai forse, ma rimarrà per sempre imprigionato in un’illusione di vita fatta in realtà di terrore, staticità, immobilità e sofferenza. In conclusione, riporto il link di una famosa e bellissima canzone di Francesco De Gregori che trovo essere una splendida metafora della vita e dell’importanza degli errori nella vita stessa. Perché, in fondo, chi di noi nella propria vita non ha mai avuto paura di sbagliare “il suo calcio di rigore”? https://www.youtube.com/watch?v=P3PcbWARuCQ. Per esperienza posso dire di aver cominciato seriamente a guarire quando ho cominciato ad accettare la mia condizione, ma contemporaneamente a cercare il modo di cambiarla.
Quando davanti a una torta ho cominciato a riflettere: “Me la sento? No, non la mangio, posso anche dopo o domani. Si, me la sento, la mangio e poi ceno come tutti”.
Mi tenevo le abbuffate, perché erano solo e nient’altro situazioni che mi dicevo avrei eliminato con il tempo, a vederle come un sintomo, invece io le vedevo più come un riduttivo “ingrassare”, ma allo stesso tempo a tenere un diario delle abbuffate, e si un vero e proprio diario, dove annotavo cosa accadeva prima, durante e dopo.
Credo infine che accettarsi non sia solo una cosa fisica ma sia anche, e forse soprattutto, accettare i nostri limiti, le nostre difficoltà, le nostre debolezze. Sia riconoscere la condizione attuale e partire o ripartire da lì. Sembrerà banale, sembrerà scontato parlare di abbuffate, infatti nel gruppo della malattia, del sintomo, delle cause e delle conseguenze se ne parla poco, per mia scelta consapevole. Ma io ho cominciato la lunga strada dell’accettazione verso me stessa quando ho accettato tutte le difficoltà che il mio DCA mi portava. E ho ricominciato da lì.
Questo potrebbe essere travisato come un inno “allora mi ascolto e non mangio, o mi abbuffo”, o al rinunciare a un’uscita, un’occasione, o qualsiasi altra cosa, assolutamente sarebbe solo una scusa.
Ma provate a rifletterci. Fateci caso. Siete pronte? O lo fate perché va fatto? Qualsiasi cosa il vostro istinto lo sa cosa può fare o meno. Ascoltatelo. Sempre.
Non importa quante volte cadi ma cosa fai dopo essere caduto. Non importa quanti errori fai ma cosa fai dopo aver commesso un errore. (Leonardo Paoletta)

E tu sai riconoscere una caduta e come ti comporti quando cadi?

Scrivimi la tua esperienza a riguardo sarò felice e aperta a leggerti a presto, Immita.

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